mercoledì 20 luglio 2022

Gli ULTIMI Sine Metu (lp/cd Time to Kill/Hellnation rec. 2021)

 


"C'è un tempo per andare dritti giù all'inferno/ c'è un tempo per tornare a saldare il conto... C'è un tempo per pensare di farla finita / c'è un tempo per tentare di riprenderci la vita / Giorni miei/ Sono giorni e giorni, giorni miei...(Giorni, The Gang 1997)

Addentriamoci nel mondo narrato dai 4 punx, ritornati in pista dopo la defezione nel 2019 di Path (che ha dato il via ad un cammino musicale in solitario), rimpiazzato dal nuovo bassista Alessandro Carpani, che debutta direttamente su questo Sine Metu, quinta arrembante prova sulla lunga distanza, confezionata egregiamente dalle super attive Time to kill e Hellnation.

Ho avuto una forte infatuazione per gli Ultimi con l'album Tre volte dieci del 2017, 10 canzoni in 38 minuti una più bella dell'altra, tutto viscere e cuore sullo stesso piano. Un pieno di umanità, con tutti i suoi pregi e difetti. Punk che si intinge, talvolta, nel rock, con inflessioni cantautorali in grado di far breccia anche nei palati più curiosi. La stessa, meravigliosa sorpresa che mi procurò il primo ascolto dei bolognesi Stab, con cui scorgo diverse similitudini: pezzi che si prestano ad essere cantati coralmente a squarciagola, che, replicati in acustico, non perderebbero nulla in termini di intensità e spontaneità, dalle melodie che ti si conficcano in mente, ulteriormente esaltate da parole che mordono la vita e a lungo rimangono impresse, con quell'irruente abbraccio che emanano. Un disco bellissimo, appassionante; uno dei cardini degli anni 10 street punk italiani, nuovamente disponibile tramite la provvidenziale ristampa Hellnation.


E qualche cosa rimane ancora
Quando la vita bombarda a tappeto
Giorni pesanti come giganti
Dovremmo esserci ma siamo distanti
E ce l'ho ancora un verso nel cuore
Per chi ha rubato un po' del mio dolore...

Ma che cosa rimane poi
Delle promesse e gli abbracci tra noi
Se diventiamo come i nostri vecchi
Lavoro amici e pugni allo specchio

Con queste aspettative, l'attesa era tanta da parte del sottoscritto...A giudicare dai nuovi 11 pezzi (più reprise), cosa dire? Bis signori, un altro disco da 10. Rinvigorito lo spessore del suono, merito di una registrazione bella tesa e grintosa, ritorniamo ad immergerci in brani caparbi e come sempre capaci di far scorrere i brividi gia' provati nel recente passato, che andranno ad infoltire la, ormai nutrita, sequela di classici della band.

Sì, la loro ruvidezza romantica dotata di sentimento popolare non lascia indifferenti, nel riconoscersi sulle note dell'audace rivendicazione di Pane e Rose (urlata da Birmingham a Taranto, Ken Loach approverebbe), il guizzo scattante dell'opener Un battito ancora, l'energia HC della trascinante Tutto Sbagliato e Slot machine, la ferma fotografia ricordo di Lanfranco (con una ruggente armonica in evidenza), la briosa carica di Maledetta Domenica e Giovani per sempre, proseguendo con l'emozionante Favole (cercate nel web il simpatico video animato realizzato grazie all'amico Michele Zero Calcare Rech) a fare coppia con il trasporto emotivo di Rimane una canzone (nata acustica ma qui elettrificata, struggente atto d'amore in memoria dell'indimenticato Angelo Sigaro Conti), l'intensa ballata punk Passera', o quel contagioso pezzo in levare titolato La mia Banda, con azzeccata coloritura di piano e hammond (da maestri, sicuro avrebbe fatto la sua figura in Life won't wait dei Rancid), tra reminiscenze Banda Bassotti e Klaxon (ma io ci sento qualcosa, seppur alla lontana, dei più epici Social Distortion), indubbie influenze di partenza per sviluppare un valido discorso in proprio, quale quello ora pienamente in essere.

L'essenza comunitaria della borgata, ma anche quel nudo e crudo microcosmo creato dai legami del vivere punk che diventa a suo modo famiglia di appartenenza, come occhio e riferimento del mondo-sul mondo, ambienti sommersi ma adatti per sviscerarlo nella sua complessità. Piccole storie (da un posto qualunque...) senza tempo ma dal senso universale, imbevute di quella socialita' che diventa humus per il terreno politico, familiare alla band capitolina, che guardandosi dentro trova la forza per sostenere la propria verita', da sbattere in faccia senza rimorsi e senza paura. Sì, perche' si puo' essere sconfitti ma non vinti; una poetica proletaria, quel disappunto che mescola ironia tagliente e amarezza, ma con una arrogante vitalita' liberatrice infusa anche dallo sbeffeggiamento stesso della disperazione (una sorta di disperata gioia, a ridare speranza e reclamare a gran voce la voglia di esserci, nonostante tutto), che paradossalmente ti risolleva quando gira tutto storto, tanto da sentire mancare la terra sotto i piedi.


Ma tu lo sai, che chi lotta non muore mai
e quando i nostri eroi se ne vanno, tocca a noi
Rimangono parole, più forti del dolore (Rimane una canzone)

Non una prova di ribellione giovanilistica, ma una decisa posizione che ancora fa sbattere i pugni, nel ribadire che siamo sempre quelli (dalla parte degli ultimi...perdonate il gioco di parole) che da 15 anni dicono-pensano-fanno, attivano il proprio no! davanti ad un mondo individualista in caduta libera, che oscilla sempre più tra il troppo e il niente. a cozzare con la loro visione che fa proprio dello stare con gli altri, del correre in mezzo alla vita la sua prerogativa.

Un disco, ancora una volta, musicalmente straripante, commovente nella sua sincerità da outsider, che si candida sin d'ora tra i capolavori italiani street-punk dell'attuale decade. 

Un suono che è fero ma anche piuma: da infatuazione ad amore vero e proprio. Gli Ultimi, inguaribili romantici.


Soli col mondo a puntarci alla gola, non una lacrima mai...
Sei tutto sbagliato, ma non cambierai
sei tutto sbagliato, ma non cambi mai!


www.timetokill-records.com
Hellnation (facebook)
Gli Ultimi (bandcamp)