domenica 9 aprile 2017

DIABLO'S RISING!







Attenti: qui si va a parlare di una delle colonne portanti dell'emo-punk/HC -nonostante a loro non garbi la definizione-, una band che continua a tenere alto il buon nome del genere (inteso in senso lato) da oltre un quarto di secolo -seppur ad intermittenza-, sollazzandoci con buongusto e stile, e senza quella puzza sotto il naso dettato dallo status di veterani, che tanto infastidisce… Lo sapete che il nome deriva dal personaggio del celeberrimo libro americano di favole "Dr.Seuss" e composto dalle parole SAM-I-AM? Non vi dico quanto mi ci è voluto per capire come si pronunciava correttamente la sigla! Ma andiamo nei dettagli cronologici...

La band prende vita nel 1988 nell’assolata Berkeley, per mano del novello chitarrista Sergie Loobkoff, nato batterista con gli Sweet Baby (autori di un unico lp su Rude rec., ristampato su Lookout col titolo It's a girl: praticamente, i Beatles nati lì in spiaggia e cresciuti a Ramones), principale compositore nonchè autore delle grafiche, e da due ex Isocracy, il cantante Jason Beebout ed il bassista Martin Brohm, con la batteria affidata a Mark Mortensen (i restanti Isocracy, ossia il chit. Lenny formerà i Filth e l’iperattivo drummer Al Sobrante finirà nei primi Green Day!). A loro si aggiungerà poco dopo il chitarrista James Brogan, proveniente dai Social Unrest (attivi per tutto il decennio ‘80, con una corposa discografia all’attivo). Proprio Berkeley è l’epicentro californiano che vede fiorire tra il '90-91 un’arrembante nuova ondata melodica nel versante punk/HC, orbitante attorno la comunità nata dal posto autogestito situato al 924 di Gilman Street*, grazie anche al lavoro di misconosciute etichette che sfornano dischi di gente più o meno ai primi passi, alcuni rimasti poi negli annali degli appassionati, allargando la cerchia degli ammiratori a livello mondiale (e piuttosto consistentemente!): Lookout ed Epitaph in primis, con Operation Ivy, Green Day, Mr.T Experience, No Fx, Pennywise, e Jawbreaker, Cringer...! Tra queste ci sono anche la C/Z con All, Big Drill Car e Chemical People, e la più piccola New Red Archives (Reagan Youth, Hogan's Heroes, Kraut, Crucial Youth...), fondata e gestita da Nicky Garratt -l'originale chitarra degli U.K.Subs di nonno Charlie Harper- con i saranno famosi No Use For a Name, gli Ultraman e appunto i Samiam, battezzati dalla Lookout col 7”ep I AM, entrati in scuderia nell'89, e dei quali ha editato l'esordio lungo SAMIAM, seguito a ruota dal mini UNDERGROUND, prodotti da Peter Miller (già al timone nell'epocale Dehumanization dei Crucifix). Subito vengono inseriti tra gli astri nascenti, grazie alle 12 esuberanti tx figlie dell'HC melodico (i cui apici risiedono nella dolce amara Home sweet home, la caparbia Speed e nelle sostenute Sympathy e Early morning) che, nonostante qualche incertezza, non passano inosservate. Il gruppo sin dagli inizi aveva lavorato molto in sede live, tanto che cominciano ad arrivare le prime gratificazioni… Il batt. Mark però decide di ritornare al college, lasciando il posto al subentro David Ayer, giusto in tempo per intraprendere con i label-mates Ultraman il primo tour europeo (di ben quattro mesi!), toccando anche l'Italia a settembre 1990 per tre date (Forte Prenestino a Roma, Macchia Nera a Pisa e Leoncavallo a Milano), oltre a girare in lungo e largo lo sterminato paese natio in coppia con gli inglesi Snuff. E' il '91 quando vede la luce il secondo lp SOAR, prodotto dal tuttofare Brett Gurewitz, un avvincente susseguirsi di 14 canzoni con spunti che incrementano le caratteristiche salienti del Sam-sound: cala leggermente la velocità media in virtù di una maggiore cura nella costruzione dei brani e del senso melodico, con quel retrogusto malinconico che comincia ad affiorare, che appassiona sin dal primo ascolto. Il crescendo di Clean e la coinvolgente Tell me a story, con la più classica Sky flying by anticipano quanto saranno in futuro, Viewpoint e Slumbering ce li mostrano adrenalinici, al pari di Whole… Una netta progressione dal debutto, tanto che si impongono con irruenza all'attenzione dei seguaci dei sotterranei americani. Sia chiaro che siamo ancora di fronte ad un disco di HC melodico: uno dei migliori dell'annata senza dubbio, per la zine gallese Fracture "uno dei massimi capolavori dell'emotional HC"! Nel frattempo aumentano le richieste di partecipazione a compilations: la disponibilità ad offrire pezzi è di casa, vista la sfilza di dischi sparsi per il globo in cui presenziano, perlopiù con estratti da radio-sessions e live (pochissimi gli inediti: il sampler della NRA Hardcore Breakout USA vol.1 è uno di questi, col brano Indigestion), cimentandosi negli anni in vari remakes (da Come fly with me di Sinatra a Here Comes your Man dei Pixies, Search&Destroy degli Stooges...) o in sfuriate da 30" come Long enough to forget you contenuta in Short music for short people (su Fat Wreck, copertina ad opera di Sergie)...insomma, l'importante è esserci! E' sempre mamma N.R.A. a stampare nel '92 l’album BILLY, carino ma con pochi colpi di genio nelle sue 13 tx, dove i nostri si sforzano sì di evidenziare il cambiamento in atto, ma non riescono ad imprimerlo fino in fondo, come nel più ovvio disco di transizione. La produzione di Armand John Petrie (di fama Goo Goo Dolls) con l'aiuto di Billy Anderson poi non sembra adattarsi alla band, con l'effetto che il suono sembra trattenuto più che rilasciato, privo di mordente; per ultimo, il titolo del disco, che rischia di confonderli tra le troppe geek-core band sparse ovunque, tutti elementi che giocano a sfavore… Non che manchino buoni pezzi: indicativi a riguardo le belle Get Out e Head Trap, la movimentata Hey brother, la lunga At the bottom, ma le crepe ci sono... La critica di settore lo accoglie con aggettivi non proprio invitanti, secondo me esagerando poiché il disco non è affatto brutto, ma confrontato con il diretto predecessore perde nettamente ai punti. Billy era stato anticipato dal 10" parzialmente acustico DON'T BREAK ME e dal mini BEAUF, stampato dalla tedesca Beri Beri (per la quale Sergie curerà anche l'artwork della comp. in tre volumi Life is Change, dove sul secondo i nostri offrono gli inediti Friend e Where d'ya go), con vecchi brani rifatti e versioni demo di 5 pezzi poi su Billy. A questo punto la band saluta la N.R.A (che si rifarà sotto nel 1998 con THE NEW RED YEARS, cd retrospettivo con 17 brani tratti dalle releases nel periodo in cui erano in combutta) e comincia a guardarsi attorno, intenta a darsi una scossa anche per capire se ci sono possibilità di far carriera; il dubbio viene fugato in maniera piuttosto celere, quando ricevono un contatto di quelli seri, chiamata che loro stessi nonostante le crescenti ambizioni, non avrebbero mai immaginato da chi... il periodo è particolarmente florido e viene loro incontro. Vediamo il perché.

1992-'93: sull'onda dell'inaspettato botto mondiale dei Nirvana e del fenomeno grunge-alternative, le majors si buttano a capofitto sguinzagliando i propri segugi, pronti a depredare a suon di dollari il fervido sottobosco yankee nella esasperata ricerca della next big thing (riuscendovi con i Green Day, gli Offspring di Smash erano ancora marchiati Epitaph, indipendente che proprio da quel 1994 inizierà la sua business escalation), ossia carne fresca da sacrificare all'altare del mercato, trappola nella quale cadono anche i nostri (col colosso Atlantic). La stragrande maggioranza dei gruppi aspira ad entrare nel grande circo major, intravedendo con questo quella dorata visibilità che dà via al professionismo musicale, assicurata dalla massiccia azione congiunta che incrocia sostegno economico-promozionale e distribuzione capillare del proprio prodotto, fattori che possono portare a raggiungere un pubblico più vasto e da interessare, magari in maniera duratura. Promesse, e come tali da dimostrare, che spesso vengono smentite nei fatti… e li cominciano i guai. Proprio alla vigilia della firma il bassista Martin decide di abbandonare i compagni, prontamente sostituito dal vecchio room-mate di Sergie, l’ex Mr.T Exp. Aaron Rubin, così come viene allontanato a metà record-session l’originario batterista Mark (rientrato nei ranghi al posto di Ayer, andato a far comunella con ex Primus e Sister Double Happiness nei Porch, nonché apprezzato sessionman live/studio, tra cui gli Uk Subs: ascoltatelo nel loro album del ventennale Quintessentials), rimpiazzato da Vic Indrizzo. Siamo nel ’94 quando esce il nuovo full-lenght: il loro capolavoro! CLUMSY sfoggia 11 delizie impreziosite dalla mano di Lou Giordano (già al servizio per Lemonheads, Moving Targets, FU'S, Articles of Faith, Siege, Jones Very, Jerry's Kids, Sugar... continuo?), dove viene completamente definito il nuovo corso e la piena maturità della proposta: qui nasce l’apprezzato Samiam style, l’anello di congiunzione tra melodic punk dalle sfumature pop e emo-core dall’animo malinconico (chiedere ai pur coevi Seaweed, Gameface o Slap of reality: mentirebbero negandone la diretta influenza). Badate, parlo di emo della loro generazione sonora... In molti li hanno definiti i Dag Nasty dei '90: un gran complimento questo, che però toglie giusti meriti a quanto espresso dai cinque. L’opener As we’re told crea l’inebriante mood per iniziare bene l’ascolto, che continua con Capsized e Stepson, scelti come giusti singoli con tanto di video (i primi della band, trasmessi pure con buona frequenza nei music network), come lo poteva essere anche Tag along; Bad day e Routine proseguono nel tipico Samiam incanto (non avrebbero affatto sfigurato su Soar), così come la sofferta Cradle ed il degno finale affidato all’ottima Time by the dime. La voce di Jason è magistralmente cucita col suono, le chitarre ora taglienti ora intrise di dolci fraseggi armonici, e le ritmiche, corpose e dinamiche quanto basta a smuovere: un insieme perfetto! Il punto vincente è il cambio di approccio mentale: se fino a "Billy" sembravano timorosi o forse non coscienti di tutto il loro potenziale, ora lo fanno autorevolmente prendendo coscienza dei propri mezzi, sicuri senza esitazioni. La produzione risente del sostanzioso budget messo a disposizione, e paradossalmente proprio qui muovo l'unico –pignolo- appunto a "Clumsy": la grinta c'è, la potenza pure però attenuata dalla pulizia formale (dal tocco rock) che sembra smussare il carattere dei pezzi. Sbavature o cadute di tono? Nemmeno a parlarne, è una continua escalation di emozioni, dettate da un songwriting al top... Un disco FAVOLOSO che meritava ben altra sorte. Ma chissà cosa s'aspettavano quei tignosi dell'Atlantic, probabilmente un successo istantaneo (e non le 60.000 copie vendute), cosa che non avviene e, in un'epoca in cui se non funziona il tutto e subito (diversamente da come era fino agli '80 quando si investiva su una band anche in termini di crescita spendibile nel tempo), sei tagliato fuori...Risultato, il rapporto si deteriora irrimediabilmente, confermando, se ce ne fosse ancora bisogno, l’idiosincrasia tra punk & majors.
Diciamolo: i Samiam non hanno l'immagine né l'accattivante guasconeria dei loro amici Green Day, oltre ad essere musicalmente meno immediati, più adulti in questo...Un deficit di caratteristiche, più che qualità, gli elementi che forse sono venuti a mancare nel suscitare quel particolare appeal presso il pubblico teenager, principale target a cui si rivolgono le majors (senza nulla togliere ai Green Day, che hanno solo aggiornato la loro proposta iniziale espressa su Lookout; per gli Offspring proprio non riesco a trovare motivazioni altre che non siano bei video a supporto di qualche azzeccata canzone orecchiabile...entrambi però importanti, a modo loro, nel far scoprire ai giovanissimi il punk/HC, magari più di qualcuno avrà approfondito la conoscenza tralasciando gli aspetti più glamour e distorti della storia...)... Cosa avrà decretato la loro disfatta mainstream? Misteri del mercato.

Nonostante il master del nuovo disco fosse pronto, il gruppo, di ritorno dal Warped Tour, capisce che le prospettive non sono affatto invoglianti a proseguire e prova a chiudere questa breve ed avvilente esperienza (destino comune ad altri acts simili: Face to face, Jawbreaker, Downset, Smoking Popes, Hagfish, Schleprock, Into Another...). I 5 rinascono presso la svedese Burning Heart, che acquista, dopo un tira e molla economico, il master dalla Atlantic ed anche i diritti di Clumsy (che verrà subito ristampato). Ebbene sì, il cuore ardente si accaparra le loro prestazioni in esclusiva, tranne per gli USA, dove escono stavolta su Ignition (sussidiaria della rap/R&B label Tommy Boy), affidando licenza per la stampa paese per paese. Una seria mossa della label questa, intenzionata a creare un team di prestigio, da amanti dell'intero universo punk -visto anche la parallela Sidekicks rec.- più che da spietati aguzzini pronti a fottere tutti i malcapitati, anche se la successiva partnership con la Epitaph nel '98 farà storcere la bocca a tanti, intervento motivato per salvare l'etichetta di Orebro dal tracollo finanziario (non bastavano più le vendite di Hives, Millencolin, Refused, No fun at All, Satanic Surfers a tirare la carretta, suppongo anche consistenti nel giro a confine tra underground e overground?), subentrando con l'acquisizione del 51% del controllo azionario. La B.H. aveva fatto il passo più lungo della gamba? Comunque sia, sono loro ad editare nel '97 YOU ARE FREAKING ME OUT, composto da 13 inconfondibili gemme (inclusa la Cry Baby Cry dei Beatles) -col nuovo drummer Michael Petrarch- che continuano le gesta dell'illustre predecessore ma con un piglio più solare, ottimizzati dalla profondità di suoni ottenuta da Steven Haigler, già produttore di Pixies e Quicksand. Il trittico iniziale Full on/She found you/Factory miete vittime con le loro cariche melodie, così come My convenience e l’accattivante Nothing new...Bello, giusto un gradino sotto "Clumsy", di sicuro il loro disco più conosciuto in Europa. Nuova tornata continentale stavolta con gli Shades Apart, con puntata in Italy il 24 sett.97 al capitolino Forte, ove il gruppo dà il meglio di sè, smentendo chi li dava per spacciati (citando JAMMAI: "un concerto esplosivo il loro, senza tanti fronzoli nè ricami...Samiam batte Shades Apart un tot a zero"). Seguirà un Japan tour di spalla ai Green Day nel 1998, ed al ritorno giro negli Usa con i Creed… Un rinnovato interesse (perlopiù fuori dagli States) prende bene la band, che bella pimpante entra nel terzo millennio con il variegato ASTRAY. Guida la console Tim O’Heir (Alloy, Sebadoh, Bob Evans…): una sequenza di 12 brani che parte bene con l'energica Sunshine ed i successivi Wisconsin e Super Brava (da baci in bocca), propone l'ennesimo video single Mud Hill (hanno fatto di meglio, via!), si bilancia tra slanci emozionanti nella riflessiva Dull ed in How long, o in sanguigne sortite come in Bird Bath…La loro vitalità non è mai scemata, ma forse stavolta si comincia a sentire una stanchezza di fondo, che in brani -dagli ammiccamenti indie-pop- quali Curbside e Why do we si fa alquanto evidente. Annotiamo l'ennesima girandola di componenti la ritmica (entrano l’ex Limp Johnny Cruz-dr e il più volte collaboratore live Sean Kennerly-bs dei Fakes, già dal '98 in pianta stabile), un nuovo partner americano (la Hopeless) e nuovi tours in programma... Improvvisamente però il veterano Brogan lascia per ritirarsi a vita privata, e la band parte per la nuova euro-capatina di tre settimane come quartetto; così arrivano nei nostri lidi per due date a febbraio 2001 -dopo il falso allarme di sett. 2000, preventivati con i No Fun at all-, delle quali mi gusto quella milanese al Rainbow, dove hanno riproposto vecchi, recenti e nuovi inni del calibro di Bad day, Sunshine, Capsized, She found you, Factory, Clean... Ad onor del vero la mancanza di una chitarra ha tolto slancio alla brillante scaletta, tutto sommato però hanno offerto un buon concerto, terminato dopo un'oretta per gli innumerevoli inconvenienti al drum-kit del temerario Cruz, cui va un elogio poiché è riuscito ad assicurare una buona performance seppur in condizioni disastrose. Applausi!

La band si rende però conto che vive in una fase di stallo, con le quotazioni stabili che si non vanno giù, ma nemmeno sembrano tali da permettere loro il famoso salto di categoria; non gregari, ma di sicuro non in prima fila nel gradimento di vendita, e bruciata l'esperienza major il treno del successo sembra svanito. Di comune accordo decidono quindi di andare in stand-by, smettendo di fatto di essere una band attiva ma più uno sfizio da riattivare quando se ne ha voglia (ribadito da Sergie in un'intervista del 2010).

Solo nel marzo 2005 i Samiam si sono riaffacciati sulle scene, affrontando un euro-tour di 15 date tra Spagna, Francia e la seconda patria Germania, ritornando alla line-up a 5 con l’ingresso del bassista Jeremy Bergo (con Sean che ritorna alla chit., suo strumento originario), per poi nell’ott. 2006 uscire ancora per B. Heart/Hopeless con il nuovo cd WHATEVER’S GOT YOU DOWN! I nostri pulsano ancora forte, emettendo buone vibrazioni nelle 12 radiose tracce prodotte stavolta da Chris Moore (per ogni disco un produttore diverso, questo per precisa scelta), puro distillato Samiam heartfelt sound, volutamente più diretto e sporco di “Astray”, con almeno due pezzi a concorrere per l’inclusione in un eventuale greatest hits, l'opener When we’re togheter e Take Care. Un tenace ritorno in pista, come dimostrano anche altri brani come le classiche Anything e Are you alright, o ancora la doppietta finale Holiday parade e Bide my time... Un album gradevole, peccato solo l’abbiano notato in pochi, penalizzato purtroppo dalla timida esposizione mediatica ormai riservata alla compagine. Dopo il cambio di bassista, con l’innesto di Billy Bouchard, e tour in Sud America e Australia nel 2009, proprio nel momento in cui cominciavamo a temere il peggio, la band a settembre 2010 se ne esce pubblicando tramite la No Idea ORPHAN WORKS, raccolta cd/doppiolp di 18 pezzi tra demos, outtakes e live, risalenti ai (migliori) tempi di Clumsy e You are…, promozionato con un tour europeo ad ott. 2010 concomitante l'entrata di Charlie Walker (già alle pelli con Split Lip, Chamberlain e New End Original). Il disco ha lo scopo di mettere un po’ d’ordine nella discografia più sommersa della band, oltre a tener viva la fiamma per rilanciarsi con l’uscita del nuovo lp, TRIPS, pubblicato a sett. 2011 per la ritrovata Hopeless. Produzione scattante, affidata a Chris Dugan (Green Day, Iggy Pop…), con 13 validi pezzi che danno un vivace assetto al disco; la cifra stilistica resta immutata, d’altronde il collaudato impianto va da se ed anche stavolta il gioco d’insieme da soddisfazioni. I primi due pezzi 80 west e Clean up rinverdiscono vecchi fasti fine ’90, September holiday trasmette la giusta grinta, per proseguire col tripudio di chitarre elettroacustiche in crescendo delle ritmate Crew of One e Dead; le rilassate El Dorando e Magellan suscitano un trasporto emotivo da sogno, per arrivare a Free Time e la conclusione affidata alla malinconia soffusa di Happy for you, a riecheggiare la sfera più pop (ultimi Doughboys?). Da dimostrare non c’è più niente, a se stessi ed agli altri, cosa che sembra aver giovato al tutto tanta la scioltezza che emerge dall’ascolto, dal gusto old fashioned trasportato nella modernità… Che in definitiva proprio questa libertà da vincoli li abbia avvantaggiati in termini creativi, senza ansie da prestazione e grattacapi dettati da aspettative di vendita? Senza essere trascendentale, il disco risulta molto intrigante: esemplari contrappunti di chitarre e voci, (power) pop, punk, indie-rock, ed una mai sopita vena emo-core: il loro miglior album del nuovo millennio!
L'ultimo parto in ordine temporale è il 10” per la serie della Side One Dummy COMPLETE CONTROL SESSIONS del 2012, ove ripropongono 6 pezzi appunto live in studio, consuetudine della serie. Attendiamo ora qualche segno di vita dai soliti Sergie e Jason -l'inossidabile duo dell'intera Sam-story- e company, anche per sapere quando ci allieteranno con una nuova release...che aspettiamo a braccia spiegate!

In curriculum figurano anche vari 7": in solitario, come Stump ('92 Black Box) e Live in Germany ‘92, stampato nel '95 in 2000 copie dalla Your Choice, dove presenzia per la prima volta il futuro bassista/poi chitarrista Sean, ai quali si aggiungono gli split con gli amici Jawbreaker (allegato al n.9/92 della fanza No Idea), quelli con i francesi Six Pack e Garlic Frog Diet, e l’inclusione nel box di cinque 7” della Vagrant West, North, South. Un altro Live in Germany ’96 è quello in cd condiviso con i Texas is the Reason nel 1999… Preferendo il vinile, sappiate che la Bitzcore ristampò la tripletta Clumsy, You are… e Astray, e la Beri Beri Y.A.F.M.O suddiviso in quattro 7” ep; più recentemente invece ci ha pensato la No Idea rieditando in vinile/cd opportunamente rimasterizzati YAFMO e Whatever... (questo con copertina modificata e cover aggiuntiva di This will be our year degli Zombies, come nella originale Japan edition dello stesso, mercato tradizionalmente privilegiato; anche il vinile di Astray dell'epoca conteneva l'addizionale Heidi). Volete qualche aneddoto? Cercate il libro scritto dal Brogan Tour stories and other 3rd grade tales, ove racconta 15 anni di esperienze vissute con le due bands nelle quali ha militato. Chi proprio non ce la fa ad oziare e' sicuramente Sergie: oltre alla sua attività come grafico (per molte band, tra le quali Snuff, Tilt, Sick of it All, High Standard, Grinch, Ataris, Avenged Sevenfold, No Fx... visitate il suo sito slappedtogether.com), dopo l’esperienza con gli Knapsack dell’album This conversation is ending, ne ha approfittato prima mettendo su -con ex Texas is the Reason e Sensefield- i sublimi Solea, che ad oggi hanno editato due mini e due ottimi albums indipendenti (i cui pezzi Mercy was here e Finally we are nowhere, con quelle melodie infettive tanto sono penetranti, con un adeguato airplay ad evidenziarli avrebbero sbancato con classe le charts!), e poi concedendosi progetti tipo quello messo in piedi nel 2013 a nome Felled Trees, band che ha rivisitato per intero un classico anni '90 quale Where you been dei Dinosaur Jr, trasformandolo in Where we been (Siren rec). While you we’re waiting è invece il tributo stampato dalla Death to False Hope nel 2011, con 13 bands (Donots, Paper Arms, Let me Run…) a rifare songs del Sam repertorio, oltretutto benefit per il Gulf Restoration Network…

Concedetevi il sano piacere di ascoltare le loro vibranti melodie, accompagnati da testi delicati, che raccontano storie che si celano dietro/dentro situazioni della vita quotidiana e dinamiche dei rapporti, riflessioni dolci, amare, ciniche o spensierate, un intreccio che alimenta il loro fascino. Musica nata semplice e senza velleità sperimentali, fedele solo a se stessa e alle proprie emozioni, da condividere...Dalla loro sala prove (divisa con i Neurosis) a giramondo: ne sono passate di città, stati, squats e clubs, palchi di ogni genere da quel primo concerto nel gennaio '89 con i Christ on Parade, per cui speriamo di vederli ancora in giro, con l'inseparabile mascotte Diablo a tenerci compagnia!

*924 GILMAN STREET, posto autogestito nato a Berkeley nel 1986 e tutt'ora aperto, grazie ad un unico finanziamento d'avvio elargito dalla storica fanzine Maximum R'n'R, che negli anni diverra' la palestra per la scena californiana punk/HC underground, celebrata con tanto di benefit nel 1988 nella doppia comp.7" Turn it Around con contributi, tra gli altri, degli stessi Sweet Baby -Jesus, al tempo- ed Isocracy. Il locale si è subito reso indipendente, autofinanziandosi con concerti all ages e iniziative varie no profit che sono alla base della loro attività, mandata avanti da volontari addentro la faccenda, con una precisa particolarità: nel loro statuto è presente una clausola che vieta l'esibizione nel locale di qualsiasi band con contratto major. Il libro 924 Gilman, the story so far di Brian Edge (Ak Press/Maximum R'n'R) ne racconta la storia dalla nascita al 2004, al pari del dvd Let's talk about tact&timing.