venerdì 18 giugno 2021

EVERSOR Closer (12”ep - febbraio 2021)

 


Parlare di un gruppo di cui si ha stima e che si segue da una vita, fornisce diversi vantaggi. Giocano a favore indirizzo e gusto musicale condiviso, storia della band quanto conoscenza diretta delle persone che stanno dietro gli strumenti. Approcciarsi però potrebbe portare delle insidie, in quanto le aspettative cui carichiamo ogni nuova prova -specie se si confronta con l'apprezzato passato-, alzano sempre l'asticella del richiesto un passo oltre, portando a tenere conto di alcune varianti, piacevoli o meno che siano.

Ho conosciuto i gabiccesi nella fase 1 della loro storia, quella marcatamente thrash/death, al debutto nel 1989 con il 12” The cataclysm, che onestamente ricordo più per la cattiveria del materiale (passato in radio nel mio primo vero programma a fine 1990). Bene, poco dopo vedo la band sul sampler Klein Circus e a ruota il 7” Psychopathic Intentions sempre su Circus/Blu Bus, all'epoca una della eccellenze del circuito HC/punk nostrano (fondamentale per la band anche nelle convinte scelte diy a venire, un impatto umano e musicale scaturito grazie al comune sentire per i Kina) e conoscendo la combriccola aostana un certo stupore si fece largo nei miei pensieri: mai vista una metal band nel loro catalogo! Ma quando incappo nell'ascolto di Friends, felice parto del 1994 che segue lo split con gli Accidia segnando il definitivo passaggio all'HC, la sorpresa sarà ancora più gradita (anche per chi come me ama il metal estremo in tutte le sue forme). Un lp fresco ed attrattivo, grazie a quel melodismo che via via affineranno nel tempo in maniera sempre più ricercata e profonda; se l'asse portante prima era la violenza sonora, da qui lo diventa la melodia in tutto il suo vibrante campo emozionale (in grado di attirare i difficili favori della trasversale audience HC punk nostrana quasi all'unanimità). L'ammaliante caratteristica sad but positive poi mi conquisterà nel 1996 con lo splendido September (spunto per intervistarli su Urlo, magazine col quale collaboravo all'epoca dei fatti in questione), celebrato come uno tra i nostrani migliori album rock -non in- italiano da Extra Mucchio nel 2012, ribadita nel -mio preferito- più duro e conclusivo mini Breakfast Club del 1998 (senza dimenticare l'esperienza datata 1993 nell'estemporanea Banda di Tirofisso -messa su da Stefano Giaccone-, nel secondo dei tre 7” pubblicati, dove prestano braccia e gambe nell'ottima title track Deve Accadere, dando forse pure l'input alla variabile banda per coverizzare, sul terzo 7”, Finish dei MC4 in chiave acustica). Stima confermata fedelmente anche con il passaggio al monicker MILES APART, adottato subito dopo la defezione del batterista Valentino, che arricchirà la storia discografica dei f.lli Lele e Marco Morosini di altri brillanti capitoli, meritevoli come i precedenti di stare tra gli indimenticabili del genere in suolo natio...e non: il trio viene invitato a suonare in Giappone a seguito dell'interesse di alcune releases stampate proprio nel Sol Levante dalla Snuffy Smile, così come farà in Europa l'ottima Boss Tuneage dell'amico Aston Stephens e la Day After, a rimarcare quello che noi sapevamo gia'.

Gia'...Giungiamo ad oggi. I nostri, a bocce ferme da ben 23 anni, rispolverano l'originaria sigla per marchiare l'inaspettato Closer, un disco dal peso specifico importante, prima ancora personale che musicale, non un aspetto marginale della storia dietro la sua creazione. Frutto del periodo in lockdown che ha impresso una bella scossa a quella voglia mai sopita di farsi sentire, un bene augurante biglietto da visita per la ripartenza, come una decisa reazione alle imprevedibili variabili cui la vita ci sottopone talvolta. La voce e la chitarra di Lele ci accompagnano sempre in questo comeback con il rientrante drummer Vale, il tutto con il benestare e supervisione di Marco, convalescente in ripresa ed assidua presenza attiva per quanto nel disco le parti di basso siano state affidate all'amico Luigi Selleri (drummer dei salentini Suburban Noise, trio che non ha mai fatto mistero di essersi ispirato, tra gli altri, alle Ever-gesta). Il lato umano e l'attitudine genuina, aspetti che ho sempre riscontrato ed apprezzato, sono sempre preponderanti, caratteristica che inonda tutti i loro dischi (rimarcata anche in sede live, avendoli visti 5/6 volte negli anni)... Pregio che traspare nei 4 pezzi presenti in circa una dozzina di minuti (stampati su vinile 12” single sided), a ribadire l'heartfelt style, equamente sospinto e che combina l'energia e la risolutezza delle radici (emo) HC (l'ottima apertura con Understanding, uno di quei pezzi che ci fanno sentire nuovamente a casa, come se non fossero trascorsi tutti questi anni) con indie-rock elettroacustico delicato ma penetrante (Hold the rain e Closer, deliziosi quadretti che ogni buon fan di MC4 e Last days of April dovrebbe considerare), cioè le due anime del bel sentiero percorso dai nostri (con la terza traccia What are you fighting for? a fonderle egregiamente), in una linea di continuità con quanto fatto, che guarda avanti con rinnovata fiducia. Le (belle) liriche dolci/amare, fatte di pensieri e connessioni che animano, con spirito partecipativo, quell'esperienza continua che definiamo esistenza, dove sfera privata e pubblica convergono e ci definiscono come persone, cementano il legame stretto a suo tempo.

Copertina dell'illustratore Alessandro Baronciani (che suonava, per chi non lo sapesse, negli Altro), coproduzione allargata con Hellnation, Elsa, Green, Assurd e la jappa Waterslide, tutti coinvolti come una grande famiglia a suggellare nel migliore dei modi un decennale rapporto di amicizia.

Un bel vinile che si consolida con gli ascolti, grazie alla forza dell'avvincente intreccio suono/testi e tutte le emozioni che da esso scaturiscono, così fluide e organiche. Nulla è andato perso: rimane sempre un bel heart's affair... Bentornati.




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