domenica 8 aprile 2018

 
PUNK AGAINST THE BISCIONE!
(a spasso con i KINA)

C’era una volta una band dallo strano nome ubicata in un angolino del nord-ovest in punta dello Stivale, fondata nel lontano 1982 da alcuni ragazzi. All’inizio la formazione è a 5, ma dall’83 si stabilizza trio col chit. (e voce) Alberto Ventrella, Giampiero Capra al basso (anche nei Contr-Azione, in seguito pure sagace penna critica su alcuni mags come Dynamo, Flash e Urlo) e Sergio Milani alla batt./voce, questi ultimi due animatori parallelamente dal 1984, assieme ai Franti, di una delle prime diy distro/label nazionali, la Blu Bus (e dal ’90 pure della Circus), dove chi scrive si acculturava fedelmente ogni mese dal 1990 della nutritiva sorgente HC/punk discografica underground internazionale. Proprio in uno dei miei frequenti contatti (eravamo a marzo ‘91), previa mia precedente supplica, “colui che percuote le pelli” mi propone così di punto in bianco una settimana in giro con la band, che, dal 1989 in cui uscì il 3° lp Se Ho vinto Se ho Perso (un capolavoro, immenso per me e la –mia- generazione italiana coinvolta con l’HC), mi ha letteralmente aperto gli occhi su una realtà tricolore che conoscevo poco sino a quel dì (diciamo Wretched, Stige, Negazione, Indigesti, Raw Power, Youngblood, Digos Goat, Infezione, Bloody Riot, CCM, Contropotere, I Refuse It…) e che ha contribuito molto alla mia crescita personale negli anni -e, perché no?, anche emozionale...-, facendomi scoprire appieno l’universo dell’autoproduzione. Esplosione di gioia mista ad incredulità (da fan n.1!) che mi accompagnerà sino alla data prefissata per la partenza e molto oltre, consolidando un’amicizia ormai trentennale. Attestati di inossidabile stima personale a parte, eccovi il vivido resoconto di quel fantastico giretto. Torniamo per incanto al magico 1991… 

Primo protagonista il treno: con questo mezzo dalla stazione di Taranto mi accingo a percorrere circa 1200 km in 16 ore filate per giungere l’indomani mattina a Torino e successivamente in Valle. Il mio spirito di sopportazione è allietato dal fatto che so cosa mi aspetterà quindi tutto procede bene. Arrivo ad Aosta, dove mi accoglie il prode Sergio, che mi porta subito nella sua dimora dandomi una degna ospitalità. Tempo una doccia e un fugace pranzo e siamo pronti per andare a recuperare la ciurma. Dopo aver imbottito il blu bus (esiste davvero, che vi credevate?!) di dischi, strumenti e cianfrusaglie necessarie varie, partiamo radiosi come il sole di quel caldo pomeriggio di mercoledì 1° maggio così schierati: Sergio, Giampiero, Marco Brunet (il chit. che aveva sostituito il dimissionario Alberto), più i roadies Manuela (la compagna di Giampi), ed…io! Si parte alla volta della metronomica Svizzera, destinazione Berna, dove si terrà la prima delle cinque tappe di questo minitour, dove ci attendono alla Reitschule, una imponente struttura che era stata precedentemente sede di una scuola di equitazione, adibita ora a centro sociale (pulito e ordinato, non splendido splendente ma assai vicino!). Intorno alle 18 arriviamo nel luogo indicato, dove troviamo puntuale ad attenderci un ragazzo che ci porta direttamente dall’organizzatore del concerto, titolare di un minuscolo ma stipatissimo negozio di dischi indipendenti. Si gira un po’ per la linda cittadina (per certi versi tutto apparentemente calmo e perfetto e per questo inquietante, almeno per il non abituato homo italicus), dove trovo anche il modo di fare una bella figura di merda comportandomi da perfetto idiota all’estero: pacchetto di sigarette buttato a terra regolarmente scalciato, incredulo per essere redarguito da una arzilla anziana sbraitante, che gridava vendetta per il mio insano gesto…Dovute scuse alla signora, seppur in ritardo. Comunque, dopo una buona rifocillata vegetariana in trattoria si ritorna al posto, dove la band se la vedrà sul palco con quei rinomati cazzoni degli australiani Hard-Ons, che combinazione ero pronto ad andare a vedere nella data torinese…colpo di culo, due piccioni con una fava! Calcolate che è il mio “Kina battesimo” live, quindi l’emozione è ancora più forte. Il posto si va riempiendo quando iniziano gli aostani, che non tradiscono le mie aspettative: come un diesel, partenza in sordina e poco dopo ti ritrovi a cantare tutti i loro brani, mostrando sui tempi lunghi tutto il loro indubbio valore musicale e comunicativo. La gente è piuttosto tranquilla, attenta nel modo giusto (cioè far prevalere la musica alla gara di birra) quindi tutti contenti. Si va a dormire addirittura in pensione (gentilmente offerto dagli organizzatori) cosa che sorprende tutti, abituati a ben altro. Appena svegli ci sbrighiamo poiché siamo invitati ad un brunch, che si svolgerà in un sito davvero suggestivo; immaginate alcune roulotte trasformate e collegate tra esse da sembrare un'unica casa, inventiva spropositata! Lauto il banchetto, una quantità stratosferica di cibo messo a disposizione dai tipi/tipe (soprattutto tipe) che da bravi italiani affamati spazzoliamo a dovere. La classe è classe, non c’è che dire.  






Così rimpinzati partiamo alla volta della crante Germania (la seconda vera casa della band) per Wangen, cittadina appena sul confine, dove appunto subiamo la seconda perquisizione del mezzo e del suo contenuto, con gli zelanti sbirri locali a guardare i dischi con una curiosità degna del miglior collezionista, anche se per motivi diversi dal filologo musicale. Arriviamo al Tonne, che altro non è che uno “jugend centrum”, i centri giovanili che spesso fungono da CSA in Germania, diversamente dai nostri centri aggregazione giovanili che, spesso, non si sa mai cosa sono… Simpatici i ragazzi e l’accoglienza ricevuta, si cena e alle 22.00 davanti ad un centinaio di persone si comincia. Nessun support-act è previsto quindi attaccano direttamente i nostri, sciorinando i loro piccoli-grandi classici, che la gente tutta sembra gradire molto, cantando pure e divertendosi sotto palco, tanto da chiedere ben due bis. Da premettere che da questa data si aggiunge alla truppa il gancio per le restanti date, il buon Tobby Holzinger, noto ai più per essere il fondatore della Your Choice, la label delle Live Series (che in seguito pubblicherà anche un Kina lp, tratto dal gig tedesco all’Oberhaus di Alzey il 4-5-‘90 con gli Scream). Stavolta si dorme da un ragazzo indigeno, una splendida casa su due piani che ci prende bene assai, considerato che intravediamo una doccia, il parquet tirato a lucido a terra, e soprattutto la possibilità di ri-cenare…Detto-fatto, si sbafa cazzeggiando alla grande prendendo di mira Marco che, venuto a sapere, tramite la Gazzetta locale (eravamo nell’era Avanti Cellulare), della sconfitta dell’Inter in casa contro la Samp nello scontro al vertice per l’assegnazione dello scudetto, sprofonda in uno stato catatonico che ci stimola ad essere impietosi della sofferenza altrui! Sono soddisfazioni... Dopo un comodo risveglio e super colazione al Tonne, grandi abbracci e ringraziamenti, ci si dirige verso la data più attesa: Monaco di Baviera. Il concerto si terrà nel gigantesco Kulturstation, con un cast da leccarsi le orecchie: Notwist ad aprire, Victims Family a chiudere!


Si va subito a cena considerato che arriviamo in leggero ritardo, salta la pizza preventivata in favore del chinese-food, tanto che al sottoscritto verranno quasi gli occhi a mandorla per la quantità di riso in bianco ingurgitato. Purtroppo però questo significa perderci i beniamini locali freschi di debut-lp omonimo, gli emergenti Notwist, col loro intrigante punk/HC melodico (la stessa band che da lì a qualche anno, seppur radicalmente trasformata, sarà apprezzata in tutta Europa, ndR)… Sarebbe stata la classica ciliegina sulla torta. La calca che si va formando promette bene, una fiumana di gente (oltre 400) accorre per saggiare i titani in programma… Tento disperatamente di farmi strada per andare sotto palco, ma quasi arrivato alla meta devo desistere visto che vengo stritolato da diversi energumeni che pensavano di essere sfidanti all’ultimo sangue in un incontro di taekondo. La struttura sarà anche immensa ma francamente la sala concerti non è all’altezza del resto ed essendo già gremita…mission impossible! Ritorno così al blu-banchino, dove mi rassegno a passare la serata, ma senza mortificazione poichè conosco diversi astanti -anche di fauna femminile- e mi dilungo a parlare col tipo della Konkurrel rec. che fungeva da tour-manager dei Victims, che scopro essere l’ex batterista degli olandesi spaccatutto BGK, persona che si dimostra simpaticissima oltre che ben svitata (smorfie, vocine e prese di culo a tutto e tutti: un mito!). Una serata riuscita alla grandissima, senza casini, messa su dal rodato collettivo interno, applausi! Peccato solo per il tempo schifoso che, tra freddo e pioggia battente, ci ha impedito di visitare la città. Ci si reca a passare la notte a casa di Bernard, uno degli organizzatori. Ritornati dal mondo di Morfeo ben riposati, Bernard ci fa ascoltare in anteprima (i privilegi della notorietà…) il disco solista del Moving Targets Ken Chambers, ci parla della deutsch-punk/HC scene (e dietro richiesta mi fa ascoltare e propone, anche se non so quanto seriamente, l’acquisto dell’introvabile mini Cursed Earth dei miei amati Jingo de Lunch sparandomi 50 marchi), intervista la band per una delle maxi zine con cui collaborava (Zap o Trust? Sorry, non ricordo) e mi regala una carrettata di posters di concerti che gelosamente mi trascino dietro come un ambito trofeo, di quelli che ti permettono di fare lo sborone e guardare tutto il mondo dall’alto in basso (peccato che quei preziosi reperti mai varcheranno la soglia della mia stanza poiché dimenticherò la busta sul treno a Firenze, aaarrrgghhh!).

Colazione e via direzione Linz, nella quale giungiamo nel tardo pomeriggio dopo una cavalcata di diverse ore, per suonare al Kapu, un posto autogestito molto accogliente su due piani, con diverse stanze adibite a laboratori (sala serigrafia-stampa, riunioni dei collettivi, info-shop). Facciamo conoscenza subito con alcuni ragazzi nonché con il gruppo che farà da spalla, la connection austro-tedesca Cat-o-nine-tails, un quintetto da poco fuori con il debut-lp. Si cena a bomba e poi iniziano i mangia crauti che aprono la serata coinvolgendo con un tosto ma melodico punk/HC (vi ricordo che il suono Epitaph-Fat Wreck ancora non dettava legge…ndR), con il chitarrista che conquista punti anche per la bella maglietta dei Doughboys indossata. Dopo tre quarti d’ora lasciano spazio al trio alpino, che si destreggia bene sul palco per circa un’ora, convincendo anche qui la platea intervenuta. Nel dopo concerto con Sergio ci intratteniamo addirittura con una bella fanciulla autoctona, la quale ci invita ad un pub in zona, che non seguiremo vista la tarda ora (saranno state le 4 a.m)…Mestamente si va a nanna, si dorme nel posto, non prima però di aver assistito ad una performance dello sgarratissimo batterista dei teutonici, ubriaco da non reggersi in piedi ma capace di far caciara alla grande (roba da immortalare in video per i nipoti!)… fonti segrete mi diranno trattarsi dell’ex batt. degli Inferno (selvaggia gloria HC tedesca degli ’80). All’indomani, prima di partire, si decide di far una passeggiata approfittando della bella giornata ma anche del fatto che avevamo saputo che c’era una fiera del disco in una palestra di una scuola in centro, quindi bisognava presenziare, ce lo chiedeva insistentemente il nostro metabolismo, a caccia dell’affare personale dell'anno. La città è da cartolina, la gente cordiale, sicuramente con i problemi ben nascosti alla vista dell’ignaro gitante, però una -ricca- città vetrina diversa dal modello italiano ad uso e consumo del facoltoso turista: sembrava di essere calati negli anni ‘20 (o in un museo che la ritraeva in quel periodo), si respirava una sorta di festante atmosfera domenicale di relax. Se vi fossero stati cavalli al posto delle bici, si poteva credere di essere stati prescelti come cavie per un esperimento di trasporto mediante macchina del tempo. Dopo aver fatto alcuni acquisti e salutata la gente si parte per la Sacher-land Vienna, dove ci attendono al Flex, sede dell’ultima tappa del giro. Accoglienza freezer, per usare un eufemismo (saranno pure abituati ad avere a che fare con Mozart, però…), nessuno ci caga fino a quando il fonico ci viene a chiedere di scaricare gli strumenti per provare e che poco dopo ci verrà offerta la cena, naturalmente in solitario: gulash, cosa che per un aspirante vegetariano, all’epoca, equivaleva ad un insulto, al punto che comincio a sognare ossessivamente pizza e pasta al mio patrio ritorno. Proprio gli effetti digestivi sortiti dalla cena smentiranno molto del fascino cui siete soliti associare i Kina (il temibile day after, ne parliamo più avanti). La stanza concerti dello squat è piccola ma con una bella particolarità: essendo praticamente coperta da graffiti fluorescenti, tenendola al buio l’effetto-flash è assicurato, ovvio che ne approfittiamo per delle foto. Si sona: i tre tirano dritto per un’oretta quando dopo un bis acustico decidono di chiudere, anche perché si è deciso di partire a razzo per tornare in Italy causa impegni lavorativi (si sa, la vita scelta dal musicista diy è dura: consumare ferie per suonare in giro e recuperare se va bene il rimborso spese…se non è passione questa!), vista pure la considerevole distanza che ci separa da Aosta. Prima di partire però i musicisti, insaziabili, hanno la saggia idea di ascoltare il loro stomaco, il problema è trovare ora qualcosa di aperto considerato che sono le 2.00 a.m. Incuranti di tutto ciò, dopo un peregrinare tipo squalo a digiuno, adocchiamo l’unico posto aperto: un ristorante turco, dove ci fiondiamo, sperando di raccattare quanto avanzato dal menu di giornata. Ci presentano alcuni piatti, francamente poco appetibili: mi tocca una zuppa di yogurt alla menta…mi rimarrà sempre impressa nella mente, poiché ancora oggi la ricordo come una delle peggiori cose assaggiate in vita mia. Appena fuori Vienna comincia la processione verso il cesso, che diverrà per 4/5 della ciurma (eccetto lo stitico che scrive) tappa quasi obbligatoria ad ogni stazione di servizio-autogrill che si incontra, che diventano templi di svuotamento e meditazione (intestinale, of course). Difatti già poco dopo la partenza si era cominciato a diffondere nel van un sentore non proprio piacevole, delle esalazioni mefitiche che rendevano l’aria a tratti soffocante e che invogliava a frantumare disumani record di apnea in superficie. Lo confesso: spesso e volentieri si è parlato in termini simil poetici dei nostri, ma vi assicuro che in quei frangenti di poetico c’era ben poco. Ora capisco cosa intendevano dire nel testo (metaforico?) di Sabbie Mobili: “Dici in silenzio/ non evocare l’inferno/ lo vivi tutti i giorni /si muore un pezzo al giorno. In silenzio sul pullman /coi muri dietro agli occhi / non ti lamentare/ è il tuo silenzio che regge l’inferno”. Adattandoli al contesto, li definirei versi di una profondità viscerale!

Il viaggio continua, con la consueta cassetta (comp. con Husker Du, Rem, ed altri) in sottofondo che si susseguiva all’ascolto, e col furgone che comincia ad arrancare seriamente appena entrati in territorio elvetico, costringendoci al calvario di non dover mai staccare l’acceleratore; se si spegneva bisognava scendere ad aprire il cofano, battere qualche colpetto sullo spinterogeno, accelerare al massimo e filare via all’impazzata! Altro che McGyver… La sfacchinata di ritorno ci fa vivere le quattro stagioni condensate in meno di 24 fantozziane ore, passando dal semi congelamento austriaco alla neve sul confine, per lo stupendo tempo primaverile svizzero con la forte pioggia appena giunti nei pressi della rinomata Valle D’Aosta, dove arriviamo trionfalmente stremati a tarda ora. Mi tratterrò altri due giorni in città, per visitarla ulteriormente (e abbeverarmi di vin brulè e caffè valdostano!), fare una capatina al BB bunker, ma anche per cercare di meritare la cittadinanza onoraria, che arriverà comunque dal grande affetto dimostrato dalle splendide persone componenti il gruppo e relative vicinanze. Bilancio positivo? Di più, amici, molto di più. Una delle più grandi esperienze sul campo del sottoscritto!

Da quel tour fino alla dipartita avvenuta nel 1997 li vedrò altre 7 volte dal vivo (Leoncavallo a Milano, poi tutta Puglia tra Locorotondo-Taranto- Brindisi- Mesagne- Ginosa-Copertino), contribuendo modestamente a spacciare il nome ed i dischi della band nella mia zona ai più curiosi (la stessa curiosità che anni prima mi animò quando un giovane tossico tarantino li citò al povero ignorante che scrive). Dall’HC nudo e diretto degli inizi, all’energia HC incanalata in una struttura sonora incline al più grintoso rock d’estrazione melodica, che non disdegna momenti ed aperture acustiche (altra importante virtù: uno dei brani più belli da me ascoltati in questa veste -in assoluto- porta la loro firma, La strada di Vetri); folk-punk, come fu descritto da Kent McLard della Ebullition, che li volle sulla comp lp Illiterate (quella con sole bands europee). Una progressione decisamente entusiasmante espressa in 5 studio albums + due live, demo-lp, un mini e svariati 7”… Abusate pure della loro discografia: tutta salute e sentimento al prezzo giusto! Un aficionados, aggiungeteci altri 3 live visti dei mirabili continuatori (ma non replicanti) Frontiera…Cosa hanno rappresentato per me? “Un esempio da conservare come testimonianza di ammirevole tenacia e coerenza, col dire e fare che sono sempre andati di pari passo ed importanza, mai rinnegando i propri ideali o piegandoli per avere più consensi, anzi hanno mantenuto le stesse idee degli inizi, facendole maturare e completandole con l’azione; d’altronde non può che essere così da gente votata al confronto senza preconcetti, abituata a fare le proprie scelte fino in fondo autonomamente anche quando queste potevano risultare impopolari (la faccenda Flying rec). Una band militante, se ancora ha un senso questo termine, che ci dimostra come essere credibili nelle pratiche dell'’autoproduzione ed autogestione (punti fermi del loro operato), pionieri fondamentali anche per l’evoluzione di tali pratiche in penisola, di cui ribadiscono convinti la validità dei mezzi scelti e l’indipendenza dal business discografico, rivendicando sempre la natura di band nata e cresciuta antagonista. Sommateci pure la perfezione musicale e testi formativi…Senza tempo”. Parole queste che ho scritto oltre 20 anni fà e che conservano intatto tutto il loro significato. Quando dico il punk che cambia (ed in vari casi, salva) la vita, agendo costruttivamente sulla persona, mi riferisco anche, se non soprattutto, a loro…La forza del sogno che diventa realtà tangibile. Semplicemente imprescindibili, la mia band italiana preferita di tuti i tempi... GRAZIE KINA


Non mi cambierete quel che ho dentro, fuori un’altra faccia - Ho più cicatrici di prima sorrido un po’ meno, forse penso di più.. (“Questi Anni” )



SCREAM + KINA @CSOA Forte Prenestino sabato 28/01/2012 

La 13a volta di un Kina live coincide con la mia prima per gli americani Scream, ritornati in pista nel 2010 dopo svariati anni d’inattività, almeno con questa sigla. Le due band avevano già condiviso il palco svariate volte tra gli ’80 e ’90, quindi il sapore della rimpatriata al limite del deja-vu, ci sta tutto. Si, il lupo valligiano perde il pelo, ma certo non il vizio: il trio di tanto in tanto toglie dalla naftalina la storica sigla per partecipare a qualche estemporanea serata sparsa nella penisola, così per divertimento. Qui, con Roberto degli intercambiabili Frontiera al posto del Capra, ci danno dentro come se fosse ieri: solita partenza a singhiozzo e ottima ripresa, pezzi nell’ora di sfogo pescati da tutti gli albums, col saccheggio del must Se ho vinto… (metà album!), con Sfoglio i miei giorni nella più bella versione live da me ascoltata, a fare il paio con la sempre entusiasmante Questi anni, cantate a squarciagola dai commossi presenti, giovani e meno giovani uniti dal sentire comune. Da lodare il salto nel tempo con il recupero delle preistoriche Nessuno Schema e Vivere Odio, così come i brividi dispensati dalla toccante Troppo Lontano, che conclude alla grande la performance. L’umiltà li accomuna ai ringalluzziti americani, che non si risparmiano, d’altronde si parla di una band che on stage ha sempre dato il massimo. Potenti e contenti, in formazione originale coi Stahl bros, Skeeter Thompson, Kent Stax e l’aggiunta del nuovo chit. Clint Walsh, a sciorinare classici a manetta: This side up, Human behavior, le nuove Stopwatch e Elevate dal bel 10” per la Side One Dummy, l’accoppiata hc/reggae Fight/American justice dall’esordio, Feel like that e tante altre, fino alla conclusiva e sempre trascinante Came without warning assicurano la riuscita dell’evento, col singer che sopperisce alla sgolatura col lato animal che lo caratterizza. Sudore, coinvolgimento e grinta: grandi Scream! Tanta bella gente per un Forte pieno come ai bei tempi, benefit per Radio Onda Rossa, e dedica ai compianti Fabrizio Fiegl e Er Patata. Standing ovation di resistenza.

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