Dopo il gran bel mcd d'esordio DarkCore del 2019 (da me recensito su Nikilzine) e lo split ep 12" con i veterani punx conterranei Meat for Dogs, passo in rassegna l'animato ritorno dei cinque calabresi, alle prese con il loro primo lp (in 300 copie).
Nove brani dalle melodie (spesso amare) che non sbilanciano l'irruenza HC esposta, scosse raschiate da approccio stradaiolo memore dei trascorsi Oi! di alcuni membri, che si riverbera fondamentalmente in certe timbriche vocali e inclinazioni dei cori, che assicurano scorrevolezza così come si sussegue vivace l'ascolto del blocco.
Ci si accende subito con l'infervorata Hillsborough, spietata prestanza che non diminuisce con Uragano e Le Nuvole, guizzanti nel loro essere sfuggenti, i batti e ribatti di Blackout con la sua tempesta emotiva, la galvanizzante Immagini artificiali dal serrato costrutto, avvincente tanto quanto Viv, dalla vena più street punk -non lontano da Gli Ultimi- e con un testo da far tremare le gambe, combinazione di durezza e romanticismo (ispirata e dedicata a Vivienne Westwood), a contendersi l'acme del vinile con la sensibilità adirata di Un altro treno. La reprise di Didascalia dallo split sopracitato, qui in acustico con la voce del buon Sergio Milani, non può che ritrasmettere magicamente emozioni d'antan cioè quelle racchiuse nei solchi dei miei Kina, per animo e inflessione (e non solo per via della sua presenza), col finale affidato al fremito disperante di La Palude.
Suono coeso e conciso (mai convulso), ben suonato e registrato, ottima la costruzione dei brani, articolati nel loro andamento ritmico che certo non ama la staticità, assortendo la proposta pur nei confini HC/punk, con testi dallo spietato realismo -talvolta allusivi-, soppesato alla luce delle fratture del quotidiano, dei rapporti personali e ciò che vediamo di spaesante dinnanzi a noi, sfogo che però non vuole cancellare quanto con caparbietà s'è costruito, piuttosto inteso come impietosa presa d'atto esistenziale. A forza di sbatterci la testa, il muro si romperà!
Blackout si segnala come l'ennesimo, convincente gesto dal Sud in movimento; un gran bel passo avanti per gli Across, una rabbia maturata da identità non allineate che non ci tengono affatto a rientrare nei ranghi e tali vogliono rimanere, materia viva su cui modellare la propria vita.
Voglio sentire un rumore che buchi il silenzio: se cercate un disco sbarazzino, rivolgetevi altrove.
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