
Nell'immaginario
collettivo musicale ci sono connessioni indelebili diventati
automatismi negli anni, come se l'area geografica, meglio ancora se
specifica, diventasse un tutt'uno con il suono, interscambiando pregi
e difetti, come una emanazione l'una dell'altra, e non solo dal punto
di vista artistico (eliminando dal contesto cui si parla questioni
campanilistiche o bandiere che dir si voglia)...Mi spiego meglio: se
citiamo Liverpool, i Beatles ci vengono in automatico (pur non
essendo magari fan del gruppo), come U2 riporta a Dublino, vero? Dal
canto mio, traduco Londra con Sex Pistols e punk 77, con Manchester
penso d'acchito ai Joy Division e Factory come Bristol sovviene trip
hop; Los Angeles diventa per me la casa degli X al pari di NY(HC!)
con Lou Reed /Velvet Underground e Ramones; se mi parlano di Goteborg
vado precisamente alla scuola swedish
death
e Tampa a quella deathmetal della prima ora. Brasile? Naturalmente
Sepultura e Ratos de Porao, la Bay Area culla del thrash, l'Islanda è
Bjork, Washington = Dischord, per non dire cosa evoca la sola
pronuncia di Seattle. In
Italia? Beh, Pino Daniele è Napoli, così come Diaframma e Litfiba
sono Firenze e CCCP rappresentano l'Emilia (paranoica)...Ma scendendo
nell'underground del nostro amato campo HC/punk, le cose non
cambiano. Aosta significa Kina, come Alessandria stà per Peggio
Punx; se mi parlate di Torino immagino i Negazione e Rough (oltre ad
una caterva di altri esponenti), Bologna la rossa è Nabat così come
naturale l'equivalenza Wretched e Crash Box = Virus ergo Milano '80,
Gorizia è Eu's Arse come Pisa fa CCM, Roma è Banda Bassotti e Bloody
Riot. Senza
dimenticare i miei più immediati dintorni con i pionieri Chain
Reaction, tutt'uno con Bari, e Fasano DC = giro Rumble Fish/Maizza
con tutti gli amici esponenti. Bene, tutto questo per dire cosa?
Semplice e subito svelato: SFC sta a Taranto come Taranto sta agli
SFC, punto e basta.
Un'appartenenza
indissolubile,
un vero legame che contempla amore & odio, poichè senza l'uno non esiste l'altro, a fornire una possibile chiave di lettura del carattere reciproco,
quel disincanto senza arrendevolezza di chi non si lascia schiacciare
dall'ambiente circostante, dove si riesce comunque a trovare un
proprio equilibrio, per quanto scombinato dalle mille problematiche
con cui convivere. Sì,
qui la
territorialità gioca un fattore chiave nell'esperienza ed evoluzione
stessa del gruppo (per quanto agli inizi sparsi in varie parti
d'Italie ma dal cordone ombelicale ben saldo a Poisonville), tanto
influisce anche nelle tematiche testuali, forse più stringenti su
alcuni argomenti in quanto vissute quotidianamente sulla pelle. Con
ben 33 primavere sul groppone, la band s'è fatta quelle spalle
larghe in grado di abbattere qualsivoglia ostacolo si ponga innanzi:
credo ormai che l'unico vero pericolo sia rappresentato unicamente da
loro stessi!
Quando
li si dava per spacciati risorgevano come una fenice più forti di
prima, quando ci si chiedeva se erano spariti subito li sentivi belli
ringalluzziti a menare con un nuovo disco; i live rodati come una
oliata macchina che punta dritto, che se non stacchi loro
l'alimentazione diventa colonna sonora eterna
tanto rimarrebbero sulle assi traballanti del
posto,
meglio se occupato, loro naturale base. Il perno attorno a cui ruota l'intera storia è sempre Enrico De
Vincentiis, capo banda che di volta in volta con nuovi mates, qui con
la stessa solida lineup (Mauro e Davide alle chitarre, la furia
Valerio alla batteria) del gran 7"ep Jonic
deathrow manifesto,
ci propina un'altra rovinosa novella siglata che, pur sapendo già
cosa ti aspetta, è sempre pronto a stupirti, sottoscritto incluso
che lo conosce personalmente dal 1995! Ormai nelle lande ioniche li
si riconosce come fratelli maggiori, attestato di
uno affezionato plateau sempre disponibile, anche fuori nido,
tanto
è vero che il nuovo parto raduna una gran bella lista di amici a dar
mano da ogni parte dello stivale.
Cuenzo
Cafè,
questo il titolo, gira bene con le sue storie, un treno in corsa che
dallo stomaco coinvolge l'intelletto...Regole
d'ingaggio? HC punk
energetico dalla formidabile tempra che si mangia in un sol colpo il
tempo trascorso dai '90, che guarda agli USA facendo la spola con
l'Italia in un continuo gioco di andirivieni; un frullato multi
saporito che recupera percentuali ska e scatti dagli umori
rockin'core, sempre con quella visione ruvidamente melodica e
sgangherata disinvoltura che sfoggiano sin dagli inizi.
Già
dalle prime due tracce Starkidz
e Mentre
tutto brucia
(perversa disamina su TA appunto, dove si versa bile sopra le
macerie,
beffardi fino alla fine) si
intuisce che l'ispirazione è ai massimi livelli, come se
l'inquietudine fornisse il pretesto per scatenare una smodata
festa -foss'anche senza ritorno-, dove ve lo anticipo sarà difficile
rifiatare. L'inserimento dei fiati in C.O.N.F.U.S.E.D.
dona quella marcia in più ad un forsennato pezzo ska-core di per sè
da top, la contagiosa I'm
shaking
fa prevedere grande mischia live, tanto è in grado di impadronirsi
del centro nervoso, Busted
e Whole
lot of nothing
rincarano la dose con quella
rustica aria familiare della casa;
l'asciutto carattere delle stilettate Il
mostro e
Best
Fiend giocano
al tira e molla, la risoluta Room
service
torrenziale come i Suicidal Tendencies dell'esordio
e l'irresistibile
title track Cuenzo
Cafe rinnova il patto spettacolare col dialetto locale, complice l'alternanza nel
cantato con bro
Fido
Guido,
piegando così il genere a propria somiglianza, generando un
immediato classico. A chiudere in acustico Amore
e Realtà,
dove
il nostromo
Enrico,
col suo ghigno
cantato
ridendo e fischiettando ci lascia l'amletico dubbio del racconto
autobiografico o di fantasia...
13
brani che spintonano e sgomitano facendosi strada nel fare strike,
strumenti
che dialogano a puntino caricati a palla in un tutt'uno volto a dare
forma e sostanza al pensato,
fusione di energie corrisposte da restituire sotto forma di emozioni,
che la travolgente registrazione frontale -tanto sembra di averceli nella stanza d'ascolto- made in SudEststudio da Fabio
Dubio cattura pienamente. Grafica super tanto quanto l'underground
team all'opera: artwork invasione
dei mutanti
di King Rat, disegni interni di Gigio Bonizio (già autore della
stupenda copertina di Jonic...), il tutto assemblato da Mr. Porro
Dario Ursino. Amo TUTTI i loro dischi (chi più, chi meno) ma
stavolta mi sbilancio sicuro nel dire che, con l'arrembante Prigioni
(l'album simbolo dell'HC jonico),
Cuenzo
Cafè
tocca il picco della SFC story. Lunga vita!
sfctarantohc91@gmail.com